Siamo tutti molto colpiti dai cambiamenti climatici, che possiamo osservare sempre più da vicino anno dopo anno, che stanno sconvolgendo le nostre stagioni e le nostre giornate. Quello che perdiamo di vista facilmente è che cambiamenti climatici significa che domani anche il nostro cibo cambierà, dovrà cambiare necessariamente ed adattarsi ai futuri cambiamenti.
Le colture vegetali si modificheranno per affrontare picchi di calura e al contempo anche il verificarsi di piogge rade ma violente che fanno tutt'altro che bene all'agricoltura e alla terra in genere. A minacciare la varietà delle specie, riferisce il rapporto, sono i cambiamenti nell'uso e nella gestione della terra e dell'acqua, seguiti dalla mancanza o inadeguatezza delle politiche per preservare la biodiversità, l'inquinamento, il sovrasfruttamento e il cambiamento climatico. A rischio in particolare foreste e habitat costieri.
Un importante fattore da considerare è l’impatto degli allevamenti intensivi che sono responsabili del 18% delle emissioni totali di gas serra nell’atmosfera. In più, oltre alla CO2 ed al metano, gli allevamenti intensivi sono responsabili del 65% di tutte le emissioni di ossido di azoto prodotte dall'uomo.
Nicola Lacetera, direttore del dipartimento di Scienze Agrarie e Forestali Università degli Studi de La Tuscia di Viterbo dichiara: «la sfida del futuro sarà fornire alimenti a una popolazione in crescita, con la necessità di aumentare la produzione, cercando al contempo di evitare gli sprechi. Avremo problematiche di rilievo per carne, latte e uova, derrate nei confronti delle quali è in aumento la fascia di popolazione mondiale con maggiore possibilità di accesso a fonti di origine animale, considerate “nobili” per le qualità della proteina».
Di sicuro è cambiato nel tempo anche il modo di approcciare al cibo ed il concetto di quel che fa bene e quel che fa male mangiare; prima si pensava a saziarsi oggi si pensa a mangiare consapevolmente ed in maniera salutare (non sempre accade sia chiaro) ed a cercare cibi confacenti alle proprie esigenze individuali legate ad allergie o intolleranze per esempio.
Sempre secondo il prof. Lacetera: «sempre più i consumatori sceglieranno prodotti con:
valore ambientale - quale il costo ambientale nel produrre un asparago, una mela, il latte, un salame? La fascia di popolazione attenta all'ambiente è in crescita;
benessere animale - come l’animale che ha reso disponibile il prodotto è stato trattato. Ad esempio, la netta preferenza delle uova di galline allevate a terra;
consumatori che riconoscono valore aggiunto a un prodotto se il processo ha utilizzato lavoro di categorie svantaggiate (detenuti, migranti) l’agricoltura sociale».
Quali le soluzioni? Rolando Manfredini, Capo Area Sicurezza Alimentare e Produttiva Coldiretti dichiara: «Gli operatori si dovrebbero rivolgere a un prodotto che fa poco viaggio, il km zero è un modo di dire, il viaggio del cibo deve essere il più corto possibile, ciò è garanzia di freschezza, di qualità ma questo implica anche meno rifiuti, meno distanze da percorrere dunque meno smog e meno traffico».
La biodiversità è il fondamento - spiega il Report annuale della FAO - dei nostri sistemi alimentari e rende i sistemi di produzione e i mezzi di sussistenza più resilienti agli shock e agli stress, compresi gli effetti dei cambiamenti climatici. È anche fondamentale per aumentare la produzione di cibo di fronte a esigenze crescenti ed è fondamentale preservarla quanto più possibile.