Che il cibo sia cultura e fonte di relazioni sociali è un assunto incontestabile, non lo affermiamo certo noi per primi e nemmeno saremo gli ultimi visto che fino dall'antichità, come riportano le cronache storiche,la convivialità è sempre stata alla base dei consessi civili.
Statistiche aggiornate ci raccontano, oggi, che ben ventiquattro milioni di italiani hanno partecipato ad almeno un evento enogastronomico (tra eventi, sagre, feste locali legate in qualche modo al cibo) e più di tredici milioni hanno fatto vacanze o gite in località celebri per l’enogastronomia attratti proprio dall'enogastronomia del luogo.
Questo nesso insolubile tra cibo e relazioni interpersonali ci da modo di spiegare perché, anche nella fase più cupa della crisi, gli italiani non abbiano mai smesso di ritrovarsi a mangiare con gli amici ed i parenti fuori dalle mura domestiche. Secondo le rilevazioni statistiche citate mangiar fuori è preferito dal 38% del campione ed indica la voglia di incontrarsi in ambienti conviviali non domestici , il 20,3% ha solo voglia di svagarsi e non affaticarsi a cucinare, il 15% lo fa per lavoro e appena il 13,7% per avere esperienze culinarie nuove con piatti che non si mangiano di solito. I dati confermano quanto rilevante sia la voglia di stare insieme.
Sulla base di queste risultanti non sorprende che ben il 55% degli italiani preferisca i locali contenuti, con atmosfere intime e con pochi tavoli. Altra cosa fondamentale che si desume è che la bellezza architettonica del locale in cui si svolge il pranzo o la cena deve essere funzionale allo star bene insieme ed è imprescindibile per molti come precondizione per gustare al meglio la serata in interazione con gli altri.
Per converso, questo stesso approccio fa si che il consumatore ponga molta attenzione verso i luoghi della quotidiana o settimanale spesa alimentare che diventano essi stessi contesti relazionali molto significativi per le persone. Non ci riferiamo solo ai piccoli negozi di alimentari dell’infanzia ma anche i punti vendita di prossimità della grande distribuzione, che devono rompere la retorica del non luogo, impersonale e indistinto legato ai grandi ipermercati.
Il consumatore cerca identità, vuole affermare la propria e trovare riscontro in quella che sia i negozi alimentari sia i locali di ristorazione riescono a dargli. Un locale commerciale senza personalità, scialbo o, peggio, sciatto nel cibo che offre, non favorendo mai la nascita di relazioni interpersonali è destinato a soccombere ben presto perché perderà immediatamente di appeal verso chi dovrebbe essere attratto dal locale stesso.
Il cibo è il motore che, in tutti i sensi, fa muovere il mondo.